AVVENTO 2023

I Domenica d’Avvento

3 dicembre 2023

 Considerare l’attesa non è scontato, soprattutto non è così comodo come potrebbe sembrare. L’attesa è il contrario dell’immobilità e della sedentarietà, provoca uno smottamento, un mettersi in movimento per accogliere la novità che sta per raggiungerci. Una verità nuova che non riusciamo a vedere se non la cerchiamo.

 Mi dà fastidio stare con gente che dice di attendere la vita nuova con la stessa noia con cui si attende il tram. (I. Silone)

Dal Vangelo secondo Marco

Mc 13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Gentile da Fabriano, Natività, 1423

Questo dipinto, su tavola di legno, è una delle tre sezioni in cui è suddivisa la predella di una grande pala d’altare dedicata all’Adorazione dei Magi, attualmente conservata preso la Galleria degli Uffizi e Firenze.

 

In questa sezione è rappresentato il momento della Natività.

La scena è ambientata, come di consuetudine, in una notte rischiarata dalle stelle e da uno spicchio di luna appena visibile in un angolo. Ciò che la rende più suggestiva è la varietà di atteggiamenti dei vari personaggi rappresentati. Questo fa sì che ci si trovi quasi invitati ad osservare uno ad uno i soggetti e, soffermandosi un po’, quasi naturalmente ci si può trovare a chiedersi… “Dove sarei io? In quale atteggiamento mi riconosco oggi?”

Lasciandoci catturare da questo dipinto, immergendoci in esso, possiamo dunque fare quella che Sant’Ignazio chiama la “Composizione di luogo”, cioè immaginarci la scena del brano su cui si sta pregando.

Il Vangelo di oggi, Marco 13, 33-37, in realtà non riguarda questo momento, ma fa riferimento alla nostra capacità di farci trovare pronti all’arrivo dell’”uomo”, e quindi questo dipinto può essere un buon veicolo.

 

Ecco dunque, a sinistra le due ancelle che nell’interpretazione del pittore hanno aiutato Maria nel parto, ora riposano: una dorme girando le spalle alla scena, mentre l’altra segue ancora cosa sta avvenendo, forse percepisce qualcosa di particolare in quell’evento, o forse non riesce ad abbandonare il senso di responsabilità assunto.

Al centro Maria, inginocchiata, in contemplazione del figlio appena nato che rischiara la scena con la luce della sua nuova vita. Dietro, incuriositi, lo scaldano il bue e l’asino. A destra Giuseppe, che dorme, un po’ in disparte, secondo uno schema rappresentativo tradizionale, per sottolineare il suo ruolo di protettore, ma non attivo nell’atto della nascita.

L’altra fonte di luce, in alto a destra, è data dall’angelo che appare a due pastori, più lontani.  

 

In quale atteggiamento mi lascio cogliere oggi? Dove e come mi trova l’arrivo dell’”uomo” in questo tempo della mia vita?

Sono l’ancella che guarda altrove, disincantata, desiderosa più di assecondare la propria stanchezza che di lasciarsi coinvolgere e magari stupire da un evento che porta con sé tra le proprie pieghe qualcosa di insolito?

O sono forse l’ancella che ancora sbircia dalla sua postazione appartata, da quale fonte proviene la luce che intravede nel buio della notte?

O ancora… mi sembra forse di essere come il bue e l’asino che non hanno magari grandi strumenti per comprendere pienamente ciò che accade, ma si lasciano coinvolgere, incuriositi, dall’evento e ne prendono parte attiva sporgendosi per farsi più prossimi, assecondando un naturale istinto a scaldare una vita ancora indifesa?

Oppure il mio oggi mi vede bisognoso di fermarmi un attimo, come Giuseppe, stanco del cammino faticoso compiuto per accompagnare la famiglia, custodendola nell'incertezza.

O forse mi sento più di essere come i pastori ai margini, portato lontano dalla scena da impegni di lavoro o da situazioni o interessi che mi fanno essere altrove, ma desideroso di lasciarmi avvolgere dalla luce di chi annuncia la buona notizia?

O, ancora, mi sento come Maria, inginocchiata a contemplare nel silenzio il mistero della vita, una vita che a volte si fa incomprensibile, che spiazza, che rivela pieghe inedite?

 Ma il dipinto, se lo guardiamo attentamente appunto, ci lascia intuire che se alziamo lo sguardo, possiamo accogliere quella vita, non saremo lasciati soli ad affrontare le novità che essa porta con sé e potremo, insieme con il Salvatore, affrontare il nuovo giorno, ogni nuovo giorno, proprio come quello che il pittore ci indica con il tenue rischiararsi del cielo lungo il profilo delle montagne.


II Domenica di Avvento

10 dicembre 2023

Chiamati a raddrizzare i suoi sentieri, dare orientamento e vigore all’attesa. Una figura quella di Giovanni il Battista affascinante e insieme fortemente provocatoria. L’essenzialità rappresentata in una persona o meglio nella figura di una persona. Un’essenzialità che ci può apparire follia, oppure di una radicalità impraticabile. Eppure nascosto in quel suo nutrirsi di cavallette e miele selvatico c’è un messaggio per tutti noi. Come aprire delle strade? Come raddrizzare i suoi sentieri? Nella essenzialità di Giovanni sta la via, nello scoprire ciò che ci tiene semplicemente in vita sta la via della conoscenza. Facciamoci guidare da Giovanni lui sa dove il nostro cuore desidera arrivare. 

Il Gobbo
Dalla solita sponda del mattino

io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall’espressione assente.
Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita
… e nessuno m’aiuta.
Ma viene a volte un gobbo sfaccendato,
un simbolo presagio d’allegrezza
che ha il dono di una strana profezia.
E perché vada incontro alla promessa
lui mi traghetta sulle proprie spalle.

 Alda Merini

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 1,1-8

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Sieger Koder, Giovanni Battista

COMMENTO

Sieger Koder, sacerdote e pittore vissuto in Germania, è morto novantenne nel 2015. Durante la seconda guerra mondiale fu chiamato a combattere e subì la prigionia, evento che, insieme all’Olocausto, lo segnò moltissimo. Tornato, frequentò l’Accademia d’Arte e, dopo 12 anni di insegnamento e produzione artistica, si preparò al sacerdozio e venne ordinato nel 1971.

La sua è una pittura simbolica, che non vuole descrivere oggettivamente gli eventi, ma che allude, che porta ad interpretare invitando ad entrare nella situazione attraverso il dipinto. Il suo può essere definito un simbolismo esistenziale; egli infatti coglie l’essenza dell’animo umano e ritrae i personaggi in situazioni di particolare intensità, a volte anche di dolore, raffigurandoli con tratti che ne modificano il volto, segnato con tratto marcato che li rende quasi una caricatura, per cui spesso il volto assume un’espressione un po’ innaturale, sia quando esprime sofferenza sia quando esprime dolcezza.

In questo dipinto Koder ci presenta un Giovanni Battista dall’atteggiamento deciso, che nell’atto di battezzare indica il percorso da compiere dopo essere rinati a nuova vita. Egli stesso è immerso nell’acqua, non la asperge da lontano, si lascia lui stesso bagnare da quell’acqua che richiama a ciascun battezzato l’acqua della placenta, l’acqua che accompagna ogni nascita.

Lì, in quell’elemento indispensabile ad ogni forma di vita, è riassunta l’acqua della Creazione attraverso cui Dio diede inizio alla vita sulla terra, è l’acqua del Diluvio, del caos, della distruzione, è l’acqua dell’Esodo, che ha aiutato il popolo ebraico ad uscire dalla schiavitù, è l’acqua a cui si abbevera il cervo anelandola quando si trova in terra deserta e arida.

E Giovanni Battista, immerso in quell’acqua, fa con il suo stesso corpo, con le sue stesse mani, da tramite tra chi si affida per rinascere e Dio, rappresentato dalla luce che rischiara la via, luce all’orizzonte che allontana tenebre e paure a chi si affida, a chi si fida.


III Domenica di Avvento

17 dicembre 2023 

Che cosa ci precede? E quanto questo ci apre delle strade o piuttosto ce le chiude? Fatichiamo a capire, ad orientare lo sguardo, come se nulla esistesse prima della nostra venuta. Facciamo finta di ignorare il prima, ne rapiamo un sentire, un alito di memoria attraverso chi ci ha generati nella carne, così come nello spirito. Eppure non ci basta, un senso di provvisorietà come di chi fugge da una terra ad altra terra ci insegue. Il desiderio di dare radice alla vita è inesauribile e tende ad una luce che non conosce tramonto, altrimenti come dare risposta alla domanda delle domande: “che cosa dici di te stesso?” Non c’è forse una risposta se non nella nostra storia che è la storia di chi ci ha preceduti, di chi si è speso affinché per noi oggi sia almeno possibile fermarci e cercare una possibile risposta. 

Vola alta, parola, cresci in profondità,

tocca nadir e zenith della tua significazione,

giacché talvolta lo puoi – sogno che la cosa esclami

nel buio della mente –

però non separarti da me, non arrivare,

ti prego, a quel celestiale appuntamento

da sola, senza il caldo di me

o almeno il mio ricordo, sii

luce, non disabitata trasparenza… 

Mario Luzi - 1985

 

Vangelo

In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 1,6-8.19-28

Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni,
quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo:
«Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?».
Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei.
Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell'acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

GEORGES ROUAULT, Autunno a Nazareth, 1957

Rouault, pittore vissuto a cavallo tra l’800 e il ‘900, ha conosciuto ed affiancato l’Espressionismo dei Fauves, condividendone colori e stesura fatta di pennellate marcate, con contorni scuri che richiamano le tecnica delle vetrate (cui lui ha lavorato nella sua giovinezza). Ha dipinto questo quadro un anno prima della sua morte, donandolo lui stesso alle Gallerie Vaticane, la cui Collezione attualmente conserva numerose sue opere. 

Il quadro rappresenta Gesù ancora bambino che scende lungo la strada accompagnato da una persona adulta, così come le altre figure che lo attendono al fondo. La scena comunica un senso di attesa e di pace; ci presenta l’ordinarietà di un piccolo paese, Nazareth, che ha i colori caldi dell’autunno, resi ancora più caldi e accoglienti da un sole che delicatamente illumina la realtà, rende visibile la strada senza abbagliarla. E proprio questa quotidianità viene resa importante dall’ordinarietà di una vita che è resa speciale dall’Annunciazione, dall’attesa di un di più e di un non ancora, proprio come un seme che viene piantato in autunno e lasciato per tutto l’inverno a riposare. Sarà per questo che l’Avvento comincia in autunno? E’ come fa il Pietro Spina di Ignazio Silone, che da buon contadino seppellisce un seme sotto la neve, aspettando che germini. Così vive la sua vita ordinaria Gesù a Nazareth, così fa Maria osservando suo figlio e serbando tutto quanto nel suo cuore… lasciando che l’annuncio germogli.

Ecco dunque che la strada rappresentata da Rouault ha un inizio, un’origine, quella delle nostre radici,  ma continua… quali promesse ha in serbo, Signore? Forse non lo sappiamo ancora, ma ci accompagna una certezza, quella che il Cardinal Martini ha voluto scritta sulla sua tomba: «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 119,105).


IV Domenica di Avvento

24 dicembre 2023 

Una visione o forse qualcosa di più. Forse un volto solo intravisto, come una luce improvvisa che poi rapida svanisce. Non è importante dare una forma, la cosa fondamentale è il senso della presenza che racconta nient’altro che un amore oltre misura. E allora non c’è da aggiungere altro, non c’è altro che possa finalmente pacificare il cuore. L’insoddisfazione oppure il continuo peregrinare in cerca di una verità credibile qui giunge a compimento, finalmente non c’è da cercare altro, finalmente l’amore può essere vissuto come sempre abbiamo desiderato viverlo.

Accarezzami…

Accarezzami, amore
ma come il sole
che tocca la dolce fronte della luna.
Non venirmi a molestare anche tu
con quelle sciocche ricerche
sulle tracce del divino.
Dio arriverà all’alba
se io sarò tra le tue braccia.

Ada Merini

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,26-38

In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.

Marc Chagall, Natività, 1911

Marc Chagall (1887-1995) è un pittore russo, di famiglia ebrea, che ha prodotto per buona parte del XX secolo una grandissima quantità di tele, chine, guache, usando un suo proprio linguaggio capace di sintesi dei vari linguaggi delle avanguardie del Novecento. Pur essendo fortemente radicato nella sua identità religiosa e nelle tradizioni chassidiche, egli rappresenta spesso nei suoi quadri l’immagine della donna con un bambino in braccio che in alcuni casi, come questo, è un chiaro riferimento all’infanzia di Gesù, e rappresenta almeno una decina di volte il Cristo crocifisso. E’ una libertà di rappresentazione che egli stesso si concede, nonostante i divieti, in quanto artista, anche perché il Cristo rappresenta per lui il martire ebraico e la crocifissione è la sintesi di tutte le persecuzioni subite dal suo popolo.

Questo quadro presenta molti dei suoi elementi più frequenti: i fiori, che con i loro colori ed il loro profumo donano grazia e bellezza a tutta la scena; c’è lui stesso, in un angolo in basso, che con la tavolozza in mano è pronto a cogliere ogni suggerimento che la contemplazione della Natività suscita. C’è un grosso pesce, emblema spesso da lui associato alla rappresentazione del Cristo crocifisso, e subito accanto la croce portata con tanta sofferenza sotto lo sguardo di chi gliel’ ha inflitta. C’è il pendolo, simbolo del trascorrere del tempo, come a dire che l’ingiustizia delle persecuzioni si ripete nella storia, in ogni tempo. Ci sono le grandi ali di un angelo, da cui parte una scala che conduce al Padre. E ci sono gli sposi con la huppah sopra di loro, è il baldacchino che simboleggia la nuova casa che la coppia costruirà insieme.

E proprio dalla casa Chagall fa partire tutta la scena. Ecco infatti in primo piano una tavola apparecchiata, simbolo di ciò che è più ordinario e quotidiano, luogo di vita, nutrimento e relazione. Pochi essenziali elementi su di essa, quanto basta per dare gusto e bellezza… e il candelabro, le candele sono accese, illuminano l’ordinarietà, per nulla banale, di un bambino appena nato.

La nascita del Salvatore deve essere svelata dall’angelo, la luce di Gesù svelata dal Battista. È necessario l’annuncio perché la presenza di Dio in mezzo a noi non può essere dedotta da nessun ragionamento né prodotta da nessuno sforzo umano. La carne del Nazareno, la sua storia concreta, l’inizio in povertà e la sua morte in croce sono il segno definitivo della salvezza che Dio ha offerto e offre oggi e sempre a chiunque è disposto ad accogliere l’annuncio.

L’invito è di soffermarsi a guardare questo quadro, scorrerne ogni elemento e fermarsi su ciò che più colpisce, che più ha da dire al nostro oggi. Poi stare sull’immagine con le indicazioni suggerite da Sant’Ignazio al numero 116 degli Esercizi Spirituali: vedere  nostra Signora e Giuseppe e l’ancella e il bambino Gesù, dopo che è nato; guardare e considerare quello che fanno, com’è camminare e darsi da fare perché il Signore venga a nascere in somma povertà e, dopo tante sofferenze di fame, sete, caldo e freddo, ingiurie ed oltraggi, muoia in croce. E tutto questo per me. Poi, riflettendo, ricavare qualche frutto spirituale.